Quando il dramma si traveste da commedia.
Trecentoventidue giorni all’anno trascorsi in volo, un piccolo trolley come unico amico e come obiettivo di vita essere il settimo uomo al mondo ad infrangere la barriera delle dieci milioni di miglia aeree percorse. Il tagliatore di teste Ryan Bingham (George Clooney) è il protagonista di Up in the air (Tra le nuvole), comedy-drama firmato Jason Reitman, già autore di quello splendido Juno, vincitore del festival di Roma (2008).
Ryan è un uomo solo, senza amici, incapace di stringere relazioni affettive con le persone che, in un’America provata dalla crisi economica, viaggia da uno stato all’altro per licenziare impiegati, adempiendo al proprio dovere in modo professionale e con profonda umanità, anche se cinica. Lentamente, però, il bozzolo di isolamento entro il quale si è riparato, fatto di solitari e continui viaggi aerei, viene sfaldato dall’incontro con due donne: una, Alex (Vera Farmiga), l’alterego femminile di Ryan, viaggiatrice con la quale intrecciare una relazione a distanza fatta di appuntamenti coordinati in base ai rispettivi impegni lavorativi; l’altra, Natalie (Anna Kendrick), giovane collega rampante che propone i licenziamenti via web, minando l’equilibrio su cui si regge la vita di Ryan.
Clooney è straordinario, mette da parte espressioni grottesche, come quelle, meravigliose, di The men who stare at goats, e sguardi furfanti come in Burn after reading, si contiene e inscena una performance sensibile, da grande attore. Vera Fermiga e Anna Kendrick sono brave e lo sostengono in modo convincente. La sceneggiatura è smagliante, scritta bene e costruita non solo da battute brillanti, ma fatta di idee. Reitman Jr. realizza una commistione di generi, creando una commedia seria che riveste fatti drammatici con situazioni comiche: l’incipit quasi da slapstick comedy, le sequenze veloci e perfette di preparazione del bagaglio a mano e dei passaggi attraverso i metal detector.
Reitman Jr. propone, col sorriso sulle labbra, una duplice considerazione, cinica e nichilista che inserisce una bizzarra storia di vita dentro a una riflessione più ampia sulla società americana. Dando voce e volto a veri disoccupati, Up in the air mostra il dramma di perdere il proprio lavoro, in un sistema che ragiona unicamente in termini di numeri e di esuberi. Contemporaneamente racconta la storia di un uomo stravagante, che teorizza la solitudine come condizione indispensabile della propria vita e del suo incontro con le due persone che gli cambieranno la vita.
Tuttavia, proprio quando i protagonisti sembrano aver ridefinito le proprie certezze, la realtà si dimostra, invece, ben diversa, amara e bruciante rimettendo tutto in discussione, perché la vita è più complessa di come vorrebbe la determinata Natalie o di quanto l’innamorato Ryan possa immaginare.