Pungente comedy-drama dal sapore agrodolce che diverte e commuove, affrontando il tema della morte e della perdita.
Michael Douglas ed Alan Arkin sono i protagonisti di questa caustica commedia capace di travestire il dramma con la giusta dose di ironia e cinismo. Tre stagioni scivolano veloci, di episodio in episodio, grazie alla perfetta alchimia dell’attempato duo capace di portare sullo schermo personaggi, rispettivamente quello di Sandy Kominksy e Norman Newlander, brillanti, acuti e sarcastici.
La sceneggiatura si articola bene e sostiene amabilmente la performance dei due premi Oscar, trovando sempre il giusto espediente per strappare un sorriso in modo tutt’altro che banale. La comicità assume spesso il carattere di humor nero perché costruita attorno a due persone che, ormai nel pieno della loro terza età in cui faticano a stare al passo coi tempi, si ritrovano a discorrere cinicamente sulla morte, sulla malattia e sulla solitudine.
Sandy, docente di recitazione, brillante ma ai margini dello star system, insegue ancora il sogno di venire scritturato come protagonista in qualche produzione importante, mentre Norman, rude e diretto agente cinematografico di successo, è alle prese con il vuoto lasciato dalla scomparsa della moglie. Le due storie si intrecciano continuamente, tra incomprensioni, funerali e acide discussioni che portano il duo a confrontarsi sulle scelte della vita in modo aspro e pungente.
Canzonatura e satira non risparmiano niente e nessuno. The Kominsky Method fa propria la libertà di parola che spesso, nella società contemporanea, subisce un altro tipo di censura, quella del perbenismo e del politically correct, quella che, paradossalmente, ha costruito nuovi tabù attorno a determinati argomenti. Non solo, infatti, Sandy e Norman sono bersaglio l’un l’altro del proprio sardonico cinismo, ma anche tematiche delicate come morte, malattia, omosessualità, sesso vengono continuamente demistificate senza alcuna inibizione.
Se da un lato Sandy e Norman sono i reagenti di una formula esplosiva, dall’altro, però, personaggi come Mindy e Lisa, rispettivamente figlia e compagna di Sandy, non convincono, non riuscendo ad accelerare correttamente la reazione chimica. Anche il duo madre-figlio, formato da Lisa Edelstein (Dr. House) e Haley Joel Osment (The Sixth Sense) risulta troppo sopra le righe, troppo caricaturale, non apportando granché all’economia molto ben equilibrata di humor e dramma.
Eppure non tutti i personaggi secondari deludono, alcuni meritano, al contrario, una menzione particolare, come Martin, sorta di hippie sessantenne compagno di Mindy, impersonato da un esilarante Paul Riser. Sopra tutti spicca di certo Roz, sferzante e mordace ex-moglie di Sandy, interpretata da una superlativa Kathleen Turner che, insieme al Dott. Wexler di Danny De Vito (ricorrente nella prima stagione), riporta sullo schermo il trio Douglas-Turner-De Vito, rievocando le loro avventure in Romancing the Stone (All’inseguimento della pietra verde) e la battaglia coniugale in The War of the Roses (La guerra dei Roses) anche se questa volta, l’esito della relazione Douglas-Turner è completamente diverso.
The Kominsky Method è una commedia sagace e pungente dal sapore agrodolce che strappa molte risate e qualche lacrima, aprendo al contempo uno sguardo di riflessione sulla parabola della vita.