Billy Bob Thornton in una scena della serie

Intrigante legal-drama dai toni noir che coinvolge rivisitando il genere attraverso personaggi non convenzionali e situazioni coinvolgenti.

Trentadue episodi e quattro stagioni per Goliath, un legal-thriller avvincente con un plot ben articolato che appassiona e intriga, spingendo ad una visione compulsiva. Billy McBride (Billy Bob Thornton) è un avvocato di grande successo, un mostro del foro, che ha fondato uno dei più grandi e prestigiosi studi legali degli Stati Uniti con il partner Donald Cooper (William Hurt). Dopo una rottura con il socio, avvenuta anni prima e presentata come antefatto, l’avvocato, divenuto leggenda nei tribunali, si ritrova estromesso dallo studio, senza un soldo, con un divorzio alle spalle, a raccogliere i pezzi della sua vita sul fondo di un bicchiere di whiskey in un bar di Los Angeles.

Sulla carta niente di nuovo per questo slow-burn drama che fa propri gli stilemi del poliziesco e del noir, con McBride nelle vesti del detective cinico e sprezzante che opera fuori dagli schemi. Ma è proprio questo antieroe, portato sullo schermo in modo non convenzionale da un formidabile Thornton, unito alla narrazione dimessa e al tempo stesso accurata, a rendere Goliath una serie intensa, ricca di pathos e scaltro umorismo. Nell’arco narrativo di quattro stagioni il suo protagonista affronta in tribunale, e non solo, quattro diversi Golia della società contemporanea: un colosso tecnologico che produce armamenti, il sistema politico corrotto di L.A., un ente statale privatizzato ed infine tre società farmaceutiche.

Ogni stagione, al pari di ciascuna puntata, possiede una struttura interna ben costruita, composta da una trama disseminata di molti indizi che si condensano in sotto-trame per poi solidificarsi nel coinvolgente intreccio complessivo, un fil rouge narrativo che percorre l’intera serie. La sceneggiatura è davvero ottima e intriga, non lasciando nulla al caso, riuscendo, in sole otto puntate per stagione, a caratterizzare psicologicamente tutti i personaggi principali, McBride in primis. L’avvocato di Thornton è depresso, quasi miserabile, a volte persino abietto e fatica a vivere. Ha molti nemici e pochi amici, le sue strategie legali sono assolutamente brillanti quanto oltraggiose, tanto da costargli la galera. Si ubriaca, fa a cazzotti, è scostante e trova sempre un buon momento per gustarsi la sua sigaretta.

Nonostante le atmosfere cupe e oniriche, a volte al limite del reale, in cui serpeggia la corruzione e si percepisce chiaramente l’assenza di valori in tutto ciò che ruota attorno al mondo dei Golia, McBride è di certo un antieroe che va oltre il concetto tipico del noir. Anche se il suo agire è modesto, lento e appesantito da una profonda rassegnazione, dimostra di avere un grande cuore e, pur non avendo fiducia nel sistema a cui interessa solo patteggiare per smaltire i casi, crede fermamente nel concetto di giustizia tanto da accettare alcuni lavori pro bono. È proprio in questa caratteristica di recondita speranza, di spasmodica ricerca della verità, che risiede l’inconsuetudine della rappresentazione.

Se da un lato, infatti, tanti sono gli elementi del noir disseminati in tutte le stagioni, dalla fame fatale, sensuale e pericolosa, alle ambientazioni urbane con vicoli sporchi e locali fumosi, in cui tutto evoca decadenza morale in un mondo dove ogni cosa non è come appare, dall’altro, grazie alla tenacia di McBride e dei suoi collaboratori, si percepisce la speranza di una via d’uscita anche se a caro prezzo. Inusuali sono anche i personaggi che affiancano questo atipico Davide, dalla sua partner Patty (una formidabile Nina Arianda) laureata in legge in una pessima università, che sbarca il lunario facendo l’agente immobiliare, a Brittany (Tania Raymonde), una prostituta che offre a Billy non solo i suoi ben intesi servizi, ma anche quelli di segretaria prima e para-legale poi.

Questo trio di personaggi improbabili è l’eccentrico motore della narrazione e porta in scena un complesso insieme di relazioni – nel quale si inserisce anche Denise, figlia di McBride – attraverso il quale emerge la particolare e sofisticata connotazione psicologica di ognuno di loro. Contribuiscono a sostenere l’ottima rappresentazione, non solo regia e fotografia ricercate, seppur non in tutte le stagioni, ma soprattutto un cast di comprimari-antagonisti assolutamente all’altezza che, nel proseguo delle stagioni, annovera nomi sempre più importanti al fianco del già citato William Hurt, quali Olivia Thirlby, Dennis Quaid, Bo Bridges e J. K. Simmons.

Non convincono, invece, la terza stagione in cui si perde un po’ il senso dell’opera attraverso un vagheggiamento troppo surreale, con una regia non all’altezza, e la seconda che, nel tentativo di esasperare la dannazione di una società decadente e priva di valori, calca la mano sulla depravazione di alcuni personaggi, scadendo in una degenerata morbosità al limite del gore tutt’altro che necessaria.

Goliath rimane una serie televisiva solida e ben costruita, nonostante alcune incertezze. Il coinvolgente arco narrativo procede attraverso una fitta e avvincente trama, colma di suspense e colpi di scena che spingono verso il climax in cui, sprezzante, Davide affronta Golia con la sua fionda armata di whiskey e fede nella giustizia.

★★★☆☆ Consigliato