Mare of Easttown
Mare of Easttown. Kate Winslet in una scena del film

Tragico crime-drama che restituisce un profondo e realistico spaccato sull’accettazione della perdita e del dolore.

Sette episodi per una miniserie che, a prima vista, si presenta come un thriller investigativo, ma che di fatto, non lo è. Mare of Easttown ruota attorno al teorema dell’omicidio con alcune sparizioni come corollari e porta in scena poliziotti, detective, vittime, indiziati e interrogatori, in perfetto stile crime-story, ma tutto si svolge lentamente, in maniera sottile, dimessa, ordinaria.

L’intensità delle emozioni e dei sentimenti prende il sopravvento sulla mera investigazione, capovolgendo gli stilemi del genere. La serie è, in realtà, un’esplorazione del dolore e della perdita che, in modi diversi, affligge la comunità di Easttown, in particolar modo la protagonista Mare, interpretata da una sempre superlativa Kate Winslet. È un’analisi del personaggio focalizzata sulle difficoltà di una donna di mezza età, che resiste e cerca di andare avanti nonostante la sua vita sia stata tragicamente colpita da una grande perdita.

Il peso del senso di colpa affligge Mare nella vita privata, nel lavoro e in tutte le relazioni che intesse. Anche sfide più ordinarie, come occuparsi di una figlia adolescente, gestire il rapporto con l’ex-marito o prendersi cura del nipote, sono appesantite dal dolore e caratterizzano una vita che non sembra darle tregua. Oltre ai doveri domestici, Mare deve far fronte ai suoi obblighi professionali da detective di una piccola cittadina della Pennsylvania, dove tutti la conoscono e si aspettano risultati, aumentando il peso della responsabilità che grava sulle sue spalle.

La Winslet è brava nel dare forma a questo personaggio travagliato, duro e amorevole allo stesso tempo, con quell’andatura stanca e appesantita, l’espressione sempre tesa e incupita che lo rendono complesso e incredibilmente reale. Mare è una detective tutt’altro che impeccabile, è un po’ goffa, si ferisce scavalcando un staccionata e quando le circostanze la costringono ad impugnare l’arma d’ordinanza, si capisce che lo scontro a fuoco non è nelle sue corde.

Tuttavia ha un forte senso del dovere che la spinge a vincere la paura di fronte ad una pistola con il colpo in canna, già perché, al pari di una persona qualunque Mare prova paura per sé, per i suoi colleghi, per la sua famiglia. Quando si rende conto di essere giunta al punto di rottura, accetta di sottoporsi alle sessioni di terapia obbligatoria impostale dal dipartimento, invece che scrollarsele di dosso, pur sapendo che sarà un percorso doloroso.

I cliché di genere vengono così rovesciati. Non ci troviamo di fronte all’impavido detective brizzolato, veterano, sprezzante e cinico, sul finire di carriera, che grazie al suo modus operandi fuori dagli schemi risolve il caso, dimostrando a tutti di aver imparato i trucchi del mestiere nell’arco degli anni. Al contrario, siamo in presenza di una donna imperfetta che preferisce alleggerirsi il carico della giornata scolandosi una birra piuttosto che fare jogging o andare in palestra, che si impegna per fare la cosa giusta, sbaglia, si infuria, chiede scusa e perdona.

Mare of Easttown vuole gettare uno sguardo realistico su una parte della società difficilmente rappresentata, quella senza fascino delle piccole cittadine di periferia, delle persone comuni, dove il benessere si misura sulla possibilità di avere una vita ordinaria evitando il degrado e la salute è consumata dalla povertà o erosa dalla dipendenza.

Non mancano momenti di ilarità ad alleggerire l’atmosfera, come i battibecchi taglienti tra Mare e sua madre Helen, interpretata da una caustica e brillante Jean Smart, o le situazioni di imbarazzo tra la stessa Mare e Zabel, il giovane detective che la affianca, portato sullo schermo da un Evan Peters calato perfettamente nella parte. Degna di nota anche la performance di Guy Pearce, accudente e comprensivo, inaspettato solido supporto nella vita di Mare.

A questo punto però il giudizio si divide, perché se da un lato la caratterizzazione dei personaggi, le tematiche trattate e i dilemmi morali colpiscono per la loro tragicità, dall’altro la trama presenta delle incertezze. La narrazione si muove lentamente attraverso i sette episodi, espandendosi continuamente all’inseguimento di varie piste e rivela sempre più dettagli e sotto trame, allungando un po’ troppo il brodo in alcuni frangenti, fino all’ultimo episodio in cui, un po’ frettolosamente, cerca di ricomporre tutto il puzzle nel colpo di scena finale.

Ciò nonostante, Mare of Easttown rimane una serie di sostanza capace, nella rappresentazione cruda della realtà che sfocia nel disagio e nel degrado, di esplorare la vita interiore di donne ordinarie in modo drammatico e toccante, nonostante quell’incedere zoppicante e un po’ affaticato della narrazione che ricorda, da lontano, la sua protagonista.

★★★★☆ Da vedere