Da sinistra a destra un primo piano dei protagonisti di Snowpiercer Jennifer Connelly, Davide Diggs e Sean Bean

Distopica allegoria della degradazione umana che sfreccia con moto perpetuo intorno al globo.

Metafora distopica della divisione di classe, rappresentata da una scala socioeconomica lunga più di mille carrozze che sfreccia con moto perpetuo intorno al globo. Snowpiercer giunge alla seconda stagione, continuando a bucare la neve ma non di certo lo schermo. La claustrofobica epopea ferroviaria si propone con una portata decisamente più ampia rispetto all’omonima pellicola del 2013, ma risulta altrettanto disordinata nella messa in scena. L’accento posto sul degrado del genere umano, ridotto a qualche migliaio di persone da un’apocalisse climatica e costretto a vivere perennemente rinchiuso tra le lamiere di un treno in continuo movimento, non colpisce, non fa riflettere, non spaventa.

La sceneggiatura manda avanti il convoglio dello spettacolo con eventi e situazioni che ripetono se stessi, come se cambiando l’ordine degli addendi il risultato potesse variare. Così la vicenda si apre con l’investigazione di un omicidio, collegato ad un delitto precedente, che conduce ad una rivolta sul finale della prima stagione, per poi riaprire la seconda con nuovi omicidi e altre piccole rivolte, il tutto infarcito qua e là con una eccessiva dose di patinata violenza che, a volte, è fine a se stessa. Una storia che gira in cerchio esattamente come il “protagonista” da cui la vicenda trae il titolo. Ciò nonostante, all’interno di questo loop seriale, ci sono degli episodi meglio costruiti di altri che restituiscono dignità allo show, evitando di farlo deragliare completamente.

A  sostenere il ponte traballante su cui lo snowpiercer può ancora transitare ci pensano la Melanie di Jennifer Connelly, gelida come il clima esterno, che nasconde sotto il suo aspetto impeccabilmente curato calore e coraggio, e il Mr. Wilford di Sean Bean, squilibrato e carismatico mitomane che impersona la contorta quanto perversa attrazione del male. Due personaggi ben costruiti ed altrettanto ben impersonati che brillano come stelle su una landa desolata fatta di comprimari smarriti – tutt’altro che convincenti – e restituiscono delle performance degne di nota, divenendo a tutti gli effetti i protagonisti della vicenda, loro, creatori ed ingegneri dello snowpearcer, gli unici ancora capaci di far funzionare il motore perpetuo dello show. 

★★☆☆☆ Non convince