Il più credibile e realistico dei fuorilegge.
Quando si pensa a Robin Hood lo si immagina come l’eroe romantico e fiabesco che ruba ai ricchi per dare ai poveri, nato dall’unione tra storia e leggenda. E così è stato anche per tutti gli adattamenti cinematografici che l’hanno avuto per protagonista, a cominciare dal lontano 1922 con il Robin Hood di Douglas Fairbanks per giungere fino al contemporaneo (1991) Robin Hood: Prince of Thieves di Kevin Reynolds (interpretato da Kevin Costner).
Quello che invece mette in scena Ridley Scott è un guerriero d’impeccabile fattura, credibile e realistico, grazie anche all’interpretazione di Russell Crowe, che conferisce all’eroe fuorilegge una veste più storica che leggendaria. Così come il personaggio, anche la vicenda è diversa da quella che tutti conoscono o immaginano, e lo si intuisce da subito, leggendo i cartelli che compaiono a inizio film.
È il XII secolo e Re Riccardo Cuor di Leone sta tornando in patria dalle crociate. Tra le fila del suo esercito marcia Robert Logstride, abile arciere che alla morte di Riccardo si congeda dall’armata insieme con i suoi fidati amici e decide di fare ritorno in patria. Lungo il tragitto soccorrono Sir Loxley, caduto in un’imboscata, a cui era stato assegnato il compito di riportare in patria la corona del Re. Ormai in punto di morte il nobile uomo strappa all’arciere la promessa di restituire la sua spada al vecchio padre nella contea di Nottingham. Uomo di parola, Robert si reca nella tenuta di Loxley, dove, per volere del vecchio Walter, assume l’identità del figlio defunto e i diritti sulla sua consorte, Marion. Da qui scaturiranno una serie di eventi che porteranno Robin-Robert prima a sventare un complotto francese ai danni dell’Inghilterra, poi a reagire ai soprusi di Giovanni Senzaterra e a cavalcare con i suoi uomini contro l’invasione francese di Re Filippo. Restituita la gloria alla sua terra, l’arciere viene però dichiarato fuorilegge dall’invidia e dalla superbia di Giovanni. Rifugiatosi allora nella foresta di Sherwood, smetterà di essere Robin Longstride per diventare leggenda.
La storia portata sullo schermo da Scott finisce dunque dove le altre, più note e meglio conosciute, iniziano. Quasi fosse una sorta di prequel, questo Robin Hood mostra la trasformazione di un uomo generoso e libertario in un eroe totalmente positivo, ma al tempo stesso reale e concreto, che trova tutta la sua forza espressiva nell’interpretazione di Russell Crowe. Il volto e la fisicità dell’attore neozelandese sono incredibilmente naturali sullo schermo, le sue performance e la sua recitazione sono assolutamente efficaci.
Anche gli altri personaggi convincono, a partire dalla Marion di Cate Blanchett, riottosa e un po’ altezzosa, così come il cattivo di turno, Sir Godfrey, interpretato da un impeccabile Mark Strong. Lascia invece perplessi la caratterizzazione di alcuni personaggi secondari, tra cui il principe Giovanni, tanto esasperato nel suo essere volubile e isterico da risultare ridicolo, e uno Sceriffo di Nottingham praticamente inesistente, ridotto al rango di semplice comparsa.
La narrazione nel complesso fluisce bene, nonostante alcuni momenti di eccessiva lentezza e altri di evitabile banalità, in cui la sceneggiatura sembra un po’ faticare. A dare sostegno ai punti deboli della diegesi ci pensa, però, la regia di Ridley Scott, attraverso una cura maniacale per le inquadrature e un montaggio in grado di rendere lo spettatore partecipe di ogni sequenza.
È proprio attraverso la mano del regista inglese, e non con l’ausilio di mirabolanti effetti speciali, che il film acquista la sua vera grandiosità. Ogni singola immagine è realizzata non solo per suscitare emozione, ma soprattutto per garantire uno spettacolo visivo.
Che si tratti di un semplice gioco di messe a fuoco per rendere la concentrazione del personaggio, o si tratti d’immagini mosse e confuse, al fine di restituire in soggettiva la frenesia della battaglia, la freccia di Scott colpisce nel centro il bersaglio della spettacolarità. Il suo Robin Hood è un film di sostanza, quella vera, fatta di attori che recitano e faticano, in cui è la scrittura filmica a dare vita alla formidabile macchina teatrale, ricca di meraviglie e sorprese che incantano lo spettatore.