Queen’s Gambit
Queen's gambit. Anya Taylor-Joy in una scena del film

Avvincente period-drama edulcorato da un ottimismo anacronistico e da un’estetica sontuosa che diventa protagonista. 

Adattamento dell’omonimo romanzo di Walter Tevis, questa miniserie colpisce per estetica, ritmo e la performance di Anya Taylor-Joy che veste i panni della protagonista Beth Harmon. Lasciando perdere ogni pedante comparativa con l’opera scrittoria di Tevis, quella di Scott Frank e Alan Scott è una serie antologica (7 episodi) ben costruita. La sceneggiatura consistente e solida crea un ritmo ben cadenzato e una buona caratterizzazione dei personaggi. Queen’s gambit incornicia la vicenda con un’estetica pregevole. L’impianto scenico è molto efficace, curato nei dettagli, e trascina lo spettatore nell’atmosfera del tempo, contribuendo alla piacevolezza della visione.

La Taylor-Joy è brava nel portare sullo schermo un personaggio introverso e disadattato che guarda, timido, il mondo dal basso verso l’alto con quei grandi occhi marroni, trovando negli scacchi la via di salvezza da una situazione di solitario degrado. Osservando più da vicino questa scacchiera di ottima foggia, lucida e ben levigata, si nota, però, la mancanza del pezzo più importante. Manca infatti quella tensione latente che rende plausibile allo spettatore il fallimento della protagonista. Quella stessa tensione che muove Beth verso l’oggetto della sua volontà: emanciparsi da una condizione di povertà  e abbandono attraverso il gioco degli scacchi.

L’emarginazione e il disagio, la sofferenza interiore, la dipendenza dai calmanti e dall’alcol, tutto assume una dimensione edulcorata che ricopre con un velo di ottimismo anche i momenti più oscuri. Il dramma si attenua e il peso che questo può giocare su un eventuale fallimento diminuisce. Beth appare da subito troppo forte e risoluta, nonostante il duro tributo che la vita le ha imposto. Viene circondata da un manto di spacconeria e dotata di un talento inequivocabilmente vincente che ha il pregio di rassicurare lo spettatore.

Questo inesorabile, lucido e anacronistico ottimismo, lascia chiaramente intendere che, alla fine, lei, tra vittorie e sconfitte, riuscirà a vincere la sfida della vita. Queen’s gambit rimane, a tutti gli effetti, una serie piacevole e ben realizzata, che inizia la partita con un’apertura di buon livello, passando per un mediogioco di qualità, ma che sul finale non può che chiamare patta.

★★★☆☆ Godibile