Horror-movie in vecchio stile che fa della suspense il suo punto di forza, ma fatica ad elevarsi oltre il velo della ghost-story.
A metà strada tra il thriller psicologico anni sessanta e l’horror soprannaturale dei settanta-ottanta, The Innkeepers è un film indipendente a basso budget, capace di mostrare come bastino la giusta atmosfera e personaggi realistici per creare un buon horror-movie.
Ti West dimostra di conoscere bene la sua materia, raccontando un storia tutt’altro che originale attraverso una regia pregevole e l’uso attento della colonna sonora, elementi che rimandano a film di certo più illustri. Le inquadrature oblique e dall’alto, unite al sapiente uso di sinistri effetti sonori, non possono che ricordare Psycho (Hitchcock, 1960), mentre l’hotel e i movimenti di macchina, che lentamente svelano gli angusti corridoi da dietro gli angoli, richiamano in qualche modo le atmosfere di Shining (Kubrick, 1980).
La narrazione procede lentamente senza che ci sia un reale punto di svolta horrorifico, cosa che contribuisce incredibilmente ad aumentare la tensione. West gioca molto bene con le aspettative del pubblico fin dall’inizio dove, attraverso un espediente banale ma azzeccato, suggerisce come, in ogni momento, possa accadere qualcosa di spaventoso e inaspettato. Di fatto, più passa il tempo, più si percepisce l’urgenza che questo evento improvviso e terrificante debba avvenire.
Suspence e tensione in continuo aumento sono di certo il punto di forza della pellicola che, giunta al suo climax narrativo, non riesce però a trasformare l’inquietudine accumulata in un vero e terrificante spettacolo horror. La sceneggiatura, capace di dare il giusto spazio a interpretazioni degne di nota da parte di Paxton e Healy, mostra così i suoi limiti, non riuscendo ad imporre un cambio di registro alla narrazione.
The Innkeepers rimane un horror di qualità, con tanto potenziale, ma che fatica, purtroppo, ad elevarsi al di sopra di un’ordinaria storia di fantasmi.