Una serie che racconta di identità e crescita personale.
Una situazione paradossale che fa da cornice ad una commedia drammatica, nel senso più classico del termine, atipica ma brillante, a tratti irriverente. Questo è Ted Lasso. Le incongruenze calcistiche, illogiche e incompatibili con le regole del gioco che conosciamo, sono solo il pretesto rocambolesco, tipico del genere, che complica le cose ad un personaggio, quello di Ted, magnificamente interpretato da Sudaikis.
La sua recitazione molto fisica quasi da slapstick comedy e la sua mimica facciale alla Jerry Lewis, sono combustibile e comburente che danno propulsione a delle gag claunesche esilaranti, mai banali, ben collocate all’interno della narrazione. La sceneggiatura non brilla per originalità come, del resto, le storie dei vari Roy, Jamie, Sam e Nathan sono tutt’altro che particolari, tuttavia portano in scena racconti umani che, forse proprio grazie alla loro mancanza di particolarità, si trasformano in vicende universali, genuine, a volte toccanti.
Il dramma di Ted colpisce nel profondo e conferisce spessore al personaggio, gettando luce sulla reale motivazione che l’ha spinto ad accettare l’incarico. Non per arroganza o presunzione ha deciso di mettere più di quattromila miglia tra se e la sua famiglia, ma per dare spazio ad una relazione ormai stanca.
Ted incarna il personaggio tragicomico per eccellenza che sublima il proprio dolore attraverso l’umorismo e l’esuberanza, una persona talmente fuori dagli schemi a cui non interessa vincere o perdere, ma importa soltanto crescere uomini. Ted Lasso è una serie che racconta di identità e crescita personale, di opportunità, dove ciò che conta è rimanere fedeli a se stessi, trovando posto all’interno del gruppo e guardarsi attorno per capire che al mondo non siamo soli.